Papa Martino V, ispirato dai racconti del "Gattamelata"
volle fortemente la costruzione del Duomo di Montagnana

di Mons. Claudio Bellinati

Il Duomo Montagnana, le sue splendide mura carraresi.!
Dalle sudate carte degli archivi balza un eccezionale amore del popolo verso la propria terra, verso la propria chiesa. L'hanno voluta così, alla confluenza tra il cardo maximus e il decamanus maximus. Soprattutto hanno voluto la propria chiesa come la costruzione più bella al centro del "castello", come centro della loro fede in Dio.

Quando si pensa che la prima pietra era stata collocata il 19 febbraio 1431, e la dedicazione avvenne soltanto 71 anni dopo, si ha la misura per affermare con certezza: è stata voluta, costantemente voluta dal suo popolo; consci della bellezza e della necessità della formazione delle nuove generazioni, in un Quattrocento che guerre e inondazioni ne ebbe a bizzeffe.

Scrive G. De Rosa: "Vi sono paesi, la cui storia passa attraverso la parrocchia; perché attraverso di essa si è manifestato lo spirito ad associare, ordinare, raggruppare il popolo". Gli incendi degli archivi locali, gli assalti di guerre senza fine, inondazioni, furti: nulla ha potuto fermare il profondo spirito di questo popolo: che ha voluto la sua chiesa, l'ha voluta bellissima, l'ha voluta una degna "Casa di Dio", ove arte e liturgia (in simbiosi stupenda) divenissero note musicali di una perfetta sinfonia.

Siamo alla fine del Trecento. È passato il grande Giubileo di Bonifacio VIII. Eppure mai come in questi registri del Notarile troviamo tanti testamenti redatti, prima di partire per Roma, in pellegrinaggio. Prima di partire: ecco il testamento, dove non vi è montagnanese che esprima la gioia di " ire Romam ", e nel contempo l'offerta, molte volte cospicua, "in reparatione ecclesiae". Antonio Ariani non si era ancora recato a Roma per perorare la causa di un antico "castrum", che ora dipendeva da un "tenuis vicus": Vighizzolo; dopo le certamente non nobili imprese di Ezzelino III da Romano, quando aveva saccheggiato Montagnana (1242) e il clero di quella nobile collegiata aveva dovuto cercare rifugio proprio a Vighizzolo, nella speranza che la grande palude potesse far affondare le ruote dei carri del potente Ezzelino. Perchè, c'è davvero qualcosa di straordinario nella nascita del celebre Duomo di Montagnana. come sempre, ogni impresa ha un'anima! E l'anima è stata la ferma volontà di un Papa: Martino V.

Papa Martino VÈ vero ch'egli conosceva Montagnana attraverso il condottiero delle truppe pontificie: Erasmo di Narni, detto il "Gattamelata". È vero che accanto alla figura di Antonio Ariani, balza quella del primo arciprete Angarano, che non teme di porsi in viaggio in pieno inverno, verso Roma, per riacquisire l'antico titolo di pieve al "Castrum Montaneane". Ma dietro a tutta questa tessitura di bolle pontificie, di richiami alla residenza del clero, c'è una comunità ricca di fede atavica, che non si piega ad eventi luttuosi, e che vuole la "Casa di Dio", il tempio del Signore, in mezzo alle case degli uomini.

Così, in un brumoso giorno d'inverno (19 febbraio 1431) il podestà Bondulmer e l'arciprete Angarano presiedono alla cerimonia della collocazione della prima pietra. Si dovrà abbattere l'antica canonica; si dovranno atterrare case canonicati; ma nulla potrà fermare questa tenace volontà di costruire una "Casa di Dio", degna della popolazione sempre attiva, e degna di quelle splendide mura carraresi, che avrebbero fatto di Montagnana una città vivace, per afflusso d'ingegni eletti da ogni regione d'Italia; e anche dall'estero: ma, come spesso accade, molti e tristi eventi rallentarono un primo progetto di costruzione del nuovo Duomo.

A sentire il cancelliere del Vescovo padovano Pietro Barozzi (ma era in fondo il pensiero del grande Vescovo, profondo conoscitore di strutture architettoniche), ciò che maggiormente aveva rallentato la costruzione non erano state le guerre, o le inondazioni; quanto invece la tenuità delle pareti e l'insufficiente profondità delle fondamenta.

Nel 1489, a oltre 70 anni dalla prima pietra, si ha già la sensazione che l'aggiunta di cappelle, lo sconfinamento nelle primitive misure, il grosso problema di lanciare una "grande volta" che superi gli inconvenienti dei soffitti a cassettoni: tutto è servito a bloccare i lavori. Ci voleva un "proto" veramente esperimentato con una équipe decisa ad operare con esperita conoscenza dei problemi, e soprattutto con la soluzione, già esperimentata, di soluzioni similari.

Come a metà Quattrocento, il nome di Cristoforo da Bolzano, "proto" in eccezionali lavori presso il chiostro della Magnolia alla Basilica di s. Antonio, così ora il nome di Lorenzo da Bologna risonava come autentica garanzia per la soluzione di quei problemi "statici", che sono (in fondo) il problema indilazionabile per ogni costruzione architettonica. E fu così, che il mattino dell'8 settembre 1502, lo stesso Vescovo Pietro Barozzi poteva inaugurare solennemente il nuovo Duomo, con la dedicazione della Chiesa e degli altari.


La navata Tre Vescovi, nella tormentata storia del Quattrocento, avevano avuto in commenda la pieve di Montagnana: il carmelitano Francesco di porro, da Arquà; il Vescovo fuggiasco di Atene e Lepanto: Nicolò Protimo; e Mons. Giovanni della Siega, solamente eletto (ma non consacrato) per la diocesi di Scardone.

Del primo dobbiamo ricordare la profonda devozione mariana, trasmessa al popolo e certamente ancorata alla storia dell'abbazia di S. Maria delle Carceri. Il secondo riteneva (forse per eccessivo affetto) che la parrocchia di Montagnana fosse legata al patriarcato di Costantinopoli, essendo egli fuggiasco dall'occupazione di Atene (1458). Il terzo, benché abitasse abitualmente a Padova, nella casa che fu di Francesco Petrarca, non ebbe tempo e modo di interessarsi di problemi così impellenti. Sulla scia del primo Cinquecento appare commendatario quel Domenico Grimani, che, amico del Buonconsiglio, offre forse la chiave per un'interpretazione storica del pittore a Montagnana. così pure, un sacerdote/pittore, a servizio del canonico Mocenigo a Montagnana, può spiegare quella famosa pittura della "Battaglia di Lepanto", che fu non veridicamente attribuita al Vassillacchi. L'apparire dei volti di Papa Giulio II e dello stesso Pietro Barozzi, in un quadro del Buonconsiglio, la dice lunga sul filo conduttore di un importante pieve/castello (Montagnana) e il suo stretto legame con la città di Roma.

Ammirando la bellezza del Duomo di Montagnana, il cui quinto centenario dalla dedicazione verrà solennemente celebrato quest'anno, ritorna il ricordo di tanti artisti, che hanno cercato "nuove epifanie della bellezza". E ritornano splendide le parole, con le quali Giovanni Paolo II, salutava, nella sua "Lettera agli artisti", quanti ne fanno dono al mondo nella creazione artistica. "Nessuno meglio di voi, artisti, geniali costruttori di bellezza, può intuire qualcosa del pathos, con cui Dio, all'alba della creazione, guardò all'opera delle sue mani". Oscuri eroi di quella creatività quotidiana, gli artisti rivivono nello stupendo messaggio delle loro opere; e possono condurre tutti " a quell'Oceano infinito di bellezza, dove lo stupore si fa ammirazione, ebbrezza, indicibile gioia ".


L'Osservatore Romano